Nel 2025 il debito pubblico arriverà a tremila miliardi: chi paga?

Nel 2025 e ce lo dice il sintetico documento di programmazione del governo, il debito pubblico arriverà alla cifra di tremila miliadi di Euro. E non scenderà in percentuale: anzi si manterrà a un livello vicino al 140% del PIL la ricchezza che l’Italia produce in un anno, che è a quota 2.085 miliardi nel 2023.

Per stessa ammissione del governo, la crescita si manterrà intorno all’1% nel 2024 e 2025 e questo nonostante le iniezioni di investimenti supplementari dati dal PNRR e nonostante che tre leggi di bilancio di questo governo saranno state attuate, governo, quindi, che in questo modo già mette per iscritto che alla lunga serie delle percentuali risibili di crescita degli ultimi 20 anni non riuscirà a porre discontinuità: da qui le impietose percentuali assolute e relative del fardello del debito.

Fu Milton Friedman a intitolare una sua raccolta di scritti sull’economi economia: “There’s not such thing as a free lunch” tradotto in “non ci sono pasti gratis”, cui il titolo del saggio di Veronica De Romanis, Il pasto Gratis, Mondadori 2024 fa evidente riferimento.

E’ interessante di questo saggio di Veronica De Romanis innanzitutto il titolo, il pasto gratis: ho letto negli ultimi anni diversi saggi su varie tematiche scritti da ricercatori e studiosi italiani che vivono all’estero e ho trovato in essi mal tradotta questa espressione dall’uso così ricorrente da essere diventato un acronimo e significato molto più ampio di quello economico:il che già dice e conferma che la cultura economica nel nostro Paese è davvero tra le più basse persino tra le classi dirigenti che, evidentemente, non hanno mai conosciuto.

Le nostre nonne nella loro versione della traduzione ci avrebbero detto che solo il lavoro e il sacrificio costante porta a risultati e nessuno ti regala niente.

Mio zio Pietro, ristoratore, albergatore, premiato cavaliere per 60 anni di lavoro, che, nonostante la sua scolarizzazione elementare, considero un raffinato economista, aggiungerebbe: il denaro facile da spendere e soprattutto mai da restituire non aguzza l’ingegno, non fa impegnare a controllare la spesa, a ridurre gli sprechi, alla parsimoniosa ricerca di creare valore, valore solido, replicabile, vendibile e consolidato.

Tutti quanti noi conosciamo casi di persone diventate improvvisamente ricche che poi hanno sperperato un patrimonio e sono finite in miseria, a causa del loro non sentire in qualche modo una necessità di rendere ciò che si è ricevuto, se non altro per lasciarlo alla generazioni future oppure per trovare in questo impiego oculato un riconoscimento sociale o di autostima.

Avete mai assistito a un “pasto gratis”? E’ quello che si vede in certi posti “all inclusive” dove tutto è pagato, un villaggio vacanze o una nave da crociera o, purtroppo (e vi ho assistito personalmente) a certi convegni con “buffet”, dove la natura umana emerge in tutta la sua mediocrità e lo spreco alimentare impera. Nulla deve essere gratis o venduto per gratis ed è questo il compito di una classe dirigente: la nostra quella politica ma non solo ha invece ahimé fatto il contrario,

Il saggio affronta in particolare le politiche degli ultimi dieci anni, riferite alla gestione della manovra economica, all’indebitamento, al deficit di bilancio, all’azzeramento dall’avanzo primario che porta quindi alla non riduzione del debito; e in modo asciutto, argomentato e ben circonstanziato denuncia le molteplici occasioni di spesa allegra, bonus, prebende, le bugie raccontate agli elettori, gli annunci cui non seguono mai politiche conseguenti.

Ma leggendolo mi sono convinto soprattutto di una cosa: la spesa pubblica italiana che genera il debito non è comprimibile perché il debito è ritenuto espandibile all’infinito. Gli esempi nel libro e nelle cronache anche recenti. La spesa sanitaria, per esempio, viene misurata efficiente ed efficace se aumenta in termini assoluti o addirittura percentuali rispetto al PIL. Ve lo immaginate se una famiglia ragionasse così? E un’azienda? Provate a dire a qualcuno che se aumenta lo stipendio del 10% allora il suo negozio di alimentari può aumentare i prezzi del 10% e vedete cosa vi risponde.

Ecco che l’esempio ci pone due questioni: il debito non si riduce neanche con un 20% di inflazione nell’ultimo triennio, cosa gravissima, il debito e la spesa continuano a crescere in termini assoluti per il maggiore e più formidabile (come direbbe Manzoni) buyer sul mercato, mentre nel mercato privato si assiste a un aumento dell’efficienza di spesa continuo.

Un paese che arriverà presto a spendere 100 miliardi di spesa per interessi all’anno non può lamentarsi che non vi siano soldi per “investire nella sanità” o “nella scuola”: i soldi ci sarebbero se non fossero già sprecati in spesa corrente improduttiva finanziata con deficit e debito di cui poi dobbiamo anche pagare gli interessi.

E se poi questa è la situazione, l’attenzione alla spesa, la cura all’efficienza, al rigore dei conti, alla scelta selettiva delle poste su cui investire, dove lo spreco, lo sperpero la spesa allegra regnano è evidente che chi può evadere lo fa, e sbaglia ovviamente perché la situazione così peggiora, ma mai quanto la fiducia che i propri soldi in tasse creeranno benessere piuttosto che debito.

Tornando al nostro capofamiglia che non accetta di sprecare, dissipare un aumento dello stipendio in un pari aumento della spesa, egli ci risponde così perché è il suo portafoglio, mentre tutti i politici che ci hanno governati e i cittadini che non accettano una cura dimagrante del bilancio pubblico sono evidentemente convinti che il portafoglio che deve pagare il debito sia quello di altri e non il loro: il libro lo chiarisce benissimo, non esiste pasto gratis e il conto arriva. A noi italiani.

Buona lettura

gianluigi@gianluigimelesi.com

Leave a comment