
La famiglia contro la multinazionale. C’eravamo tanto amati, ma ora i soci fondatori di Fattorie Osella, che detengono 49% circa delle quote escono dal CDA dell’azienda in dissenso con il socio di maggioranza, la multinazionale Mondelez.
Si sa che la famiglia decise di cedere la maggioranza, mantenendo la propria presenza fondamentale per la gestione, per “garantire lo sviluppo industriale di Fattorie Osella” e questo è molto chiaro, sul lato distributivo del prodotto e sulle tecnologie e “porte” che Mondelez consente di aprire.
Altrettanto chiare sono le motivazioni di questo strappo laddove si parla della necessità di mantenere il legame con il territorio, l’eredità morale e la qualità dei formaggi. Chi ha orecchie per intendere, dunque ha inteso benissimo e se così non fosse ci sono le parole di Rossella Osella: “Sono convinta che le aziende alimentari abbiano il dovere di restituire parte di ciò che hanno ricevuto e ricevono dalla terra”.
La presenza di un socio esterno alla famiglia o ai fondatori, che sia una multinazionale (molti sono i casi nel passato, anche nello stesso comparto alimentare) o un fondo di investimento, richiede dunque la costruzione di un delicato meccanismo di governance sulle strategie. E occorre mettere in conto che il matrimonio di interesse può dopo qualche tempo essere in crisi e arrivare a una separazione, consensuale o meno.
Nonostante queste criticità e questi rischi quella di far entrare un esterno mantenendo una presenza nella gestione e nella proprietà maggioritaria o minoritaria dei fondatori resta una delle opzioni strategicamente più importanti e di successo per diversi aspetti tra cui possiamo indicare i principali:
- Gestire passaggi generazionali e il patrimonio familiare, anche immobiliare
- Avere una valutazione di azienda che sia oggettiva e indichi dove è il valore
- Avere accesso a canali di distribuzione e mercati altrimenti non accessibili
- Fare investimenti fondamentali per mantenere la competitività e accedere al credito e ai mercati
- Raggiungere le dimensioni minime per competere, anche in relazione al capitale umano e ai mercati esteri
- Sviluppare la presenza e le relazioni imprenditoriali con professionisti e manager con esperienza nel mercato altamente qualificati interni e esterni
- Far crescere le nuove generazioni con “insegnanti” di eccellenza diversi dalla propria famiglia
- Ridurre il rischio e avere piani A-B-C per l’azienda e per i soci in continuità in anticipo
Nonostante il mercato dei capitali abbia l’arma dei soldi da investire, ricordiamo sempre che la cosa che vale di più e che non si può comprare è un piano industriale e un imprenditore che lo crea e lo porta avanti. E se ci fosse tra gli investitori qualcuno che ci permette di realizzarlo prima e con maggiore successo?
Per chi volesse approfondire: gianluigi@gianluigimelesi.com