Russia: il continuo stop & go dell’apertura ai mercati mondiali

http://italians.corriere.it/2014/03/07/russia-il-continuo-stop-go-dellapertura-ai-mercati-mondiali/

quel che sta succedendo in Ucraina è conseguenza a mio modo di vedere della situazione economica interna della Russia.

Seguendo come consulente aziende italiane, ho vissuto il continuo “stop & go” dell’apertura del mercato russo ai capitali occidentali. Tra la fine degli anni ’90 e il 2003 c’erano fiere a Mosca, aziende italiane che aprivano la sede in Russia o cercavano partner locali, un distributore o un agente.

Poi  a metà degli anni 2000 si è tutto fermato.

La politica degli oligarchi e di Putin, dopo anni di crescita sostenuta del PIL pur con mille contraddizioni (una popolazione che decresce, un reddito procapite stagnante e differenze sociali enormi, un livello di evasione fiscale oltre l’80% ) fu quella di chiudere di nuovo le porte ai mercati.

Alcuni settori furono dichiarati strategici e sostanzialmente nazionalizzati, gli investitori europei, anche italiani, hanno trovato dazi sempre più pesanti (che rappresentano ora la maggior parte delle entrate del bilancio russo), vincoli o addirittura blocchi e persino le fiere non hanno avuto più ragion d’essere.

Ma ecco che nel 2008 con la crisi mondiale la Russia si è bloccata di nuovo, anche perché il prezzo dei petrolio e del gas e soprattutto i consumi si sono affossati, i capitali scappati (e sono tutt’ora in gran parte all’estero), il rublo svalutato. Una Russia che comprese che il PIL deve formarsi nei settori più differenziati e soprattutto per mezzo dei servizi, del commercio, della tecnologia, dell’incremento dell’interscambio con gli altri Paesi. Che fare?

Via di nuovo con l’apertura, investimenti, banche anche italiane che tra il 2010 e il 2013 fanno operazioni  immobiliari, road show di presentazione, l’ICE di Mosca che pubblica opuscoli dal titolo “la Russia un grande Paese in crescita”. Ora di fronte a questa crisi ucraina e soprattutto all’idea di rifare in qualche modo un’area di influenza con le ex repubbliche sovietiche, ci si domanda se ci sarà di nuovo lo stop.

Lavorando con diversi corrispondenti dei miei clienti, la realtà del 2014 è quella di un reddito procapite che perde potere di acquisto soprattutto verso i prodotti tecnologici e di status internazionali , di una giovane classe media che vorrebbe come i coetanei parlare inglese, girare il mondo, e che non vede accrescere il proprio tenore, anzi, che di fronte ai miliardi spesi per Sochi si domanda se poi essi genereranno lavoro, crescita, sviluppo o piuttosto altri capitali che i soliti “amici” porteranno al sicuro nei paradisi fiscali.

L’impressione come avviene spesso con questi personaggi della storia, è che Putin voglia spostare l’attenzione dei russi dai problemi interni di un modello economico sociale e culturale in declino e la difesa dei fratelli di lingua russa in Crimea è un’ottima occasione.

Come per le primavere arabe, solo il tempo e la storia ci diranno chi prevarrà non tra Ucraina e Russia, o tra Europa e Putin: ma tra il desiderio di rifare l’impero sovietico e la voglia di vincere la sfida dell’apertura ai mercati.

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