Secondo i dati citati spesso dai grandi marchi, Il rapporto di dimensioni tra il brand o la capofila e la Supply Chain – filiera è molto sbilanciato: spesso si parla di due zeri!

L’Italia, si sa, è un paese di trasformazione, e la maggioranza delle imprese (78% degli occupati) è una Piccola e Media Impresa che lavora per altre grandi aziende fornendo soprattutto in modo più agile della filiera rigida Lean, servizi e lavorazioni industriali, fasi di produzioni, componenti e altro per grandi e grandissime aziende nazionali e multinazionali le quali quindi sono di fatto una rete di molte aziende satelliti.
Tutto questo comporta per quella che chiamiamo la capofila della rete di imprese un gap di competenze, capacità, un rischio di non omogeneità di fornitura, rischio di pesare troppo come fatturato sulla PMI, energie disperse per gestire una moltitudine di aziende medie e piccole.

Esiste anche un gap culturale tra la grande imprese, spesso managerializzata, informatizzata, digitalizzata e il mondo della PMI spesso vicino alla cultura della impresa familiare.
Per questi motivi si affacciano oggi sul mercato diverse aggregazioni di filiera, in particolare, ma non solo, nel settore della moda e del lusso, verticali e orizzontali al fine di fornire il prodotto chiavi in mano, dalla progettazione, prototipia, industrializzazione, componenti, alla costruzione del prodotto fino alla sua commercializzazione e vendita, promozione, comunicazione e anche modelleria, quindi Ricerca e Sviluppo.

E’ intuitivo come le dimensioni ridotte e la polverizzazione, in una parola il nanismo comporti diseconomie su costi fissi comuni, spesso generali ma anche indiretti relativi al costo di produzione che queste aggregazioni ottimizzano, ma vi sono anche altre aree in cui l’aggregazione porta economie a sinergie.Mi riferisco alla formazione specialistica professionale e delle competenze digitali, alla ricerca e selezione del personale, alla digitalizzazione dei processi e alla parte informatica, alla tracciabilità di prodotto block-chain, alla creazione di risorse comuni di Ricerca, Innovazione e Sviluppo prodotto e così via.

In recenti convegni i brand hanno confermato di apprezzare le aggregazioni della filiera la quale in questo modo non solo è più ricettiva ma, anche proattiva sui temi caldi, come la sostenibilità, la transizione energetica, il territorio ISF Carbon Neutral, l’artigianalità, l’aspetto storico culturale del made in Italy.
Per l’aggregazione di imprese, è più facile scovare, seminare e diffondere il talento perché l’obiettivo del Lean Supply Manager autogestita è di creare una rete di relazioni con aziende innovative e di talento in modo più costante e intenso rispetto ai brand che è obbligato farlo in occasioni stagionali di confronto.
Come creare un gruppo verticalizzato, una aggregazione di processi, una rete di competitor su processi o progetti di proposta, value proposition, apprezzata dal mercato pur mantenendo la propria indipendenza e personalità? Quali sono gli aspetti giuridici, fiscali, societari, organizzativi e manageriali da prendere in considerazione? Come costruire la catena di delega e controllo attraverso strumenti di pianificazione e gestione? Il Consulente di Direzione Aziendale è la figura di aziendalista competente e esperta per affiancare l’imprenditore in questa scelta lavorando con i professionisti più idonei nel project management. Vogliamo parlarne?