Immaginiamo di essere al ristorante e di avere di fronte un menù fatto di una sola pietanza: tacchino al forno: non credo che accetteremmo, a meno di essere a Natale.
Di fatto, però, di fronte al menù del gestionale aziendale, già pagato con tanto di licenza, in cui sono visibili molte aree e funzioni evolutesi nel tempo grazie dalle richieste di altre aziende, le PMI spesso non lo consultano, non lo studiano e non lo usano.
Se molte altre aziende, per esempio, hanno voluto una personalizzazione che poi è diventata uno standard è perché utilizzano il CRM, o campi di segmentazione delle anagrafiche, funzioni di programmazione della visite agenti, comunicazioni coi clienti.
E cosa saranno mai alcune schede aggiunte, per esempio, sull’anagrafica dell’articolo a magazzino? E perché invece di una ci sono decine di statistiche, estrazioni, dati delle movimentazioni? E questo margine: come sarà calcolato? Con o senza le provvigioni?
Lo scadenzario, lungi dall’essere un registro IVA (?!?) intoccabile e sacro, serve per esportare e generare flussi anche diversi da quelli delle fatture ed è la base di una tesoreria. Se c’è, perché non usarlo? Perché costruire improbabili fogli Excel aggiornati manualmente e gestire una doppia contabilità dei saldi bancari extracontabilmente?
Spesso un po’ tutti i prodotti ITC in azienda subiscono una sorte simile.
Questo banale aspetto è sintomatico della mancanza di sguardo strategico e approccio organizzativo delle PMI, alcune più non tanto medie, ma che si avviano ad essere grandi.
Per quanto un po’ di responsabilità è da attribuirsi alle Software house che dovrebbero “vendere” davvero e fino in fondo il proprio prodotto e le sue potenzialità, nessun fornitore di gestionale ha le conoscenze complete della complessità aziendale organizzativa, gestionale, finanziaria, commerciale e produttiva.
La significatività dei dati è un aspetto importante: solo un controller, un data manager o un consulente aziendale nella funzione di project possono veramente comprendere a fondo la natura, la fonte, la coerenza, la correttezza dei dati per lo scopo conoscitivo.
Ma c’è molto altro: la paura psicologica del cambiamento, le resistenze, l’ossessione per l’operatività che impedisce di fermarsi un attimo a ragionare. Questo anche perché spesso l’imprenditore non conosce a fondo come funzionano i programmi e come lavorano i suoi collaboratori i quali, essendo la sua unica fonte di informazione, spesso ingigantiscono le problematiche al cambiamento.
La consulenza aziendale è un po’ come un gestionale infinito parlante, accumula l’esperienza di tanti casi aziendali e ci dice come sono stati affrontati problemi simili, e ci dà un patrimonio di attività di motivazione, formazione, studio, calcolo, misurazione, verifica e correzione degli errori fatto su migliaia di casi in cui qualcuno si è posto la domanda: “ma non c’è un modo di farlo meglio e più velocemente?”.
E questo patrimonio di esperienza è spesso incorporato nel menù del gestionale: ecco perché non ha senso un menù fatto di una sola pietanza.