I dati aggiornati a ottobre 2019 ci dicono che nel 2019 il valore delle esportazioni potrebbe sfiorare i 500 miliardi, pari a quasi il 30% del PIL.
In dieci anni, 2009- 2019 il valore delle esportazioni è cresciuto dell’80%.
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Ciò significa che per il 2020, potremmo arrivare a un valore delle esportazioni pari a un terzo del PIL e nel 2021 raggiungere la percentuale della Germania, superandola, anche se ovviamente il valore tedesco del PIL è superiore in Euro.
Il valore crescente del surplus commerciale, cioè la differenza in valore tra importazioni ed esportazioni, che sta anch’esso crescendo in modo decisivo, mostra come le esportazioni sembrano crescere più delle importazioni, rafforzando il saldo della bilancia complessiva e la robustezza della nostra economia.
Una differenza crescente in valore significa anche la capacità di creare valore aggiunto.
Si parla tanto dei fattori che hanno rallentato o minato la crescita dell’export:
- I dazi messi dall’amministrazione Trump sulle esportazioni in USA
- I dazi imposti e le sanzioni alla Russia e all’IRAN e altre zone instabili
- Le guerre commerciali con la Cina
Questi ostacoli non hanno impedito la crescita e, anzi, una volta rimossi grazie ad accordi di commercio internazionale possono essere fattori di ulteriore crescita nei prossimi anni.
I Dazi e le politiche protezionistiche sono spesso uno sprone a cercare la fascia alta del mercato, esclusiva, del lusso, a tecnologia avanzata e non comparabile con le produzioni nazionali e quindi più protetta da guerre commerciali.
Il parmigiano costa già il doppio di una imitazione anche senza dazi, ma se il mio prezzo è ancora più alto per coprire le tariffe doganali, come esportatore sono obbligato a giustificare quel prezzo alto.
Siamo cresciuti, non solo in valore, nonostante i dazi, ma anche grazie ai dazi.