A quando lo Spid per le aziende?

Dopo anni in cui si è parlato di sportello unico per le imprese, le decine di adempimenti che ritardano le pratiche autorizzative bloccano da sempre il motore produttivo del Paese.

La Pubblica Amministrazione si sta attrezzando per la digitalizzazione e i cittadini sono sempre più in grado di accedere ai vari servizi attraverso l’identità digitale dello SPID.

A quando, però una identità digitale per le imprese, che riduca i tempi di gestione della burocrazia che asfissia le società?

Nonostante gli anni passino, lo sportello unico, non è mai stato, di fatto realizzato.

Il numero di adempimenti cresce, e con esso anche quello dei referenti della PA che richiedono continuamente dati già in possesso della Pubblica Amministrazione stessa o certificazioni o prove dell’identità dell’impresa.

Vi sono poi situazioni che ritardano molto le imprese a causa dei ritardi della digitalizzazione: catasto, registro imprese, codici ATECO mai verificati e aggiornati e incongruenti, digitalizzazione della borsa dei profili richiesti dalle aziende da incrociare con chi è alla ricerca di lavoro per le politiche attive, sono solo degli esempi.

Lo stesso registro dei siti web ufficiali aziendali che fine ha fatto e come mai non è nella visura camerale? Sarebbero un formidabile strumento di segmentazione del mercato con i dati profilati che già contengono se fossero davvero gestiti digitalmente.

Che senso ha fare registri pubblici obbligatori se poi non sono accessibili, verificati, in linea, con dati utilizzabili?

Creando una digitalizzazione si saltano lunghi passaggi anche per gli appalti la cui procedura spesso richiede 5 anni solo per le fasi preliminari documentali e di verifica, che portano il tempo medio di inizio lavori a 8-10 anni.

Se vogliamo vincere la sfida dobbiamo avere questi strumenti: sono inutili anche 1000 miliardi di fondi europei se poi non siamo in grado di spenderli in 2 anni.

Il digitale rende digitale anche il prodotto fisico tradizionale

E in futuro la stessa edizione sul digitale sarà diversa lettore per lettore

Oggi curiosamente su Il Corriere della Sera appare una notizia relativa a un furto di un orologio avvenuto al Quirinale e del ritrovamento dello stesso ad opera del nucleo speciale dei Carabinieri dedicato ai furti di opere d’arte.

Peraltro la curiosità è che nessuno si era accorto del furto: un negoziante, avendo ricevuto la proposta, ha contattato i militi stessi, i quali, analizzando l’oggetto sui cataloghi hanno scoperto essere parte della collezione nel Palazzo della Presidenza della Repubblica, e quindi il controllo successivo ha confermato la sottrazione.

Per noi è interessante vedere anche sotto la foto e la notizia: un inserzionista, casa d’aste di orologi, ha posizionato la sua pubblicità, ragionando sul fatto che tra i lettori interessati al fatto ci fossero ovviamente collezionisti di orologi d’epoca.

Come ha fatto, però, a sapere prima che la notizia sarebbe apparsa? Ovviamente ciò significa che la concessionaria di pubblicità ha proposto il posizionamento e, anzi, probabilmente la notizia è stata scelta attraverso i dati dei potenziali “click” proponendo l’analisi al potenziale inserzionista, evidentemente già coinvolto e già cliente storico.

In questo modo invece di essere “inbound” il lavoro dell’editore multimediale (carta, on-line, social) diventa outbound proponendo investimenti alla comunicazione dei potenziali clienti e non si limita ad attendere che bussino alla porta.

Possiamo perciò dire che la carta, l’analogico tradizionale, l’edizione fisica del giornale è diventata anch’essa un po’ digitale.

Naturalmente nell’edizione on-line letta dagli abbonati digitali, quindi, non solo gli inserzionisti sono diversi – a seconda che legga io sul tablet o telefono il giornale nell’edizione digitale o un altro lettore cui appariranno altri messaggi pubblicitari – ma anche gli stessi articoli dell’informazione sul digitale.

Quindi il giornale, lo stesso giornale, lo stesso giorno sarà sempre meno uguale a se stesso: le notizie saranno spesso personalizzate al lettore.

Non dovrebbe essere così anche per i nostri prodotti e servizi per i clienti?