Spesa pubblica a 900 miliardi, 52% del PIL. I numeri sono molto più umani (e semplici) di ciò che si creda

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FOTO, People, tasse, government

Capita a tutti di assistere a una trasmissione e sentire il conduttore dire all’ospite “non dica troppi numeri, ché il pubblico non ama i numeri, poi diventiamo noiosi”.

E’ meglio parlare di sentimenti, insomma: molto più umani. Come non essere d’accordo?

Siccome ognuno ha il suo sentimento, io però mi limito ai numeri impietosi. 900 miliardi all’anno. Tanto è il valore raggiunto dalla spesa pubblica, ormai 52% del PIL. Di questi 900, 65 miliardi all’anno sono interessi e meno di 40 investimenti, la metà di 10 anni fa, uno striminzito 2% del PIL, PIL che resta al palo. E intanto il debito continua a crescere e con esso lo spread.

Rigore? E chi lo ha visto, in Italia? Neo liberismo? Ma qui in Italia non c’è mai stato neanche quello vecchio, di liberismo. Spagna, Portogallo e Irlanda crescono e corrono dal 2 al 3%, e pure la Grecia, e grazie alla ricetta dell’odiata disciplina dei conti, con tasse molto più basse dell’Italia.

Quello che molte delle nostre famiglie hanno fatto negli ultimi dieci anni, cioè ridurre i consumi, la spesa corrente, le spese inutili, per pagare mutuo, università e studi ai figli, a quanto pare non è mai stato fatto dai nostri governanti.

Se una famiglia può decidere di non andare in vacanza, di non comprare un ennesimo vestito, di scegliere di fare la spesa dove costa meno, di ridurre lo spreco, gli scarti, i rifiuti di ottimizzare la spesa riducendo le auto, perchè lo Stato non può avere margini di questo genere, considerando la complessità della macchina burocratica?

Meditate elettori, contribuenti, cittadini, imprenditori, pensionati: meditate. E vedrete subito un sentimento molto umano che emerge dai numeri che sembrano poco umani: la strada da intraprendere che dia un futuro alle nostre famiglie, e a quelle dei nostri figli.

 

Concentrarsi sulla propria eccellenza, a costo di fare scelte difficili.

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C’è il Giro di Italia e ogni tanto ci ricordiamo della nostra unicità di italiani che convivono nelle mille differenze regionali.

L’Italia ha una grandissima biodiversità e la copresenza di climi e culture diverse, ma ciò che la unisce è la vocazione precisa dal punto di vista economico a certe eccellenze.

Si tratta certamente non di eccellenze solo enogastronomiche o culturali, anche se la presenza, per esempio, del numero più grande di vitigni autoctoni al mondo, o della maggior parte del patrimonio artistico del mondo (che non coincide con il numero di siti Unesco) fa davvero impressione.

Da queste eccellenze culturali, della tradizione agricola, vitivinicola, dell’alimentare e della cucina, ogni industria di successo trae la propria forza, la propria identità, nella tradizione e nella continuità, soprattutto per i prodotti più tipici del made in Italy del Fashion & Luxury, quali, abbigliamento, calzature, tessile, auto di lusso, gioielli, occhiali, design di interni, arredamento e moda.

Ci sono però molti altri settori in cui l’Italia è assolutamente riconosciuta come leader d’eccellenza: cosmetica, rubinetterie, componentistica auto, piastrelle, orologeria e gioielli, costruzioni, cantieristica navale, macchinari, chimica, gomma e altri.

Qual è quindi la strada da percorrere ? Recuperare dove siamo indietro o focalizzarci su ciò che sappiamo fare bene e affermarci come leader globali?

Come sistema Paese, carente in infrastrutture e servizi, non potendo giocare sul basso costo della manodopera, essendo un Paese sviluppato, la scelta strategica è sempre più quella di abbandonare nella competizione globale settori in cui non abbiamo vantaggi competitivi e concentrarci su quelli un cui possiamo essere riconosciuti come unici e di assoluta qualità, senza cadere nella competizione di prezzo o in prodotti massificati.

E’ una lezione da apprendere anche all’interno delle singole aziende a costo di dolorosi sacrifici e scelte drastiche: bisogna cercare di proporre pochi prodotti e di massima eccellenza, di qualità e design di lusso, di grande innovazione, estetica, prestazionalità, e riconoscibilità.

Al nostro cliente specifico di nicchia del nostro Made in Italy dobbiamo trasmettere un messaggio chiaro sullo stile, sulla tendenza, sul concetto di valore del prodotto e del servizio che offriamo.

Se non è chiara la strategia, se il posizionamento non è di successo, qualunque forza o canale di vendita, per quanto ben formati, incentivati, gestiti e animati, saranno insufficienti per raggiungere i risultati attesi.

Ecco a cosa serve il vero Consulente di Direzione Aziendale.

Libro: la check list degli atteggiamenti e comportamenti in azienda distruttivi del patrimonio professionale di ognuno

100 modi per liberarsi dagli stronzi

C’è la fiera del libro in questi giorni e volevo anche io dare il mio contributo al settore,  segnalando il libro di cui consiglierei la lettura in azienda.

Ho esitato molto a inserire questo libro perché non volevo che ci fosse un fraintendimento nel titolo, un po’ crudo e, per me, potenzialmente fuorviante. Si sa che la soglia di attenzione, con il digitale, si è ulteriormente ridotta (era già piuttosto scarna anche con i giornali di carta, la più parte dei lettori fermandosi al titolo), e il rischio è che qualcuno pensasse a un libro che incoraggia ulteriormente la creazione di indifferenza e fortini di difesa all’interno delle grandi organizzazioni.

No, credetemi: questo testo è una valida check-list non solo dei costi, anche monetari, ma anche dell’impatto del clima aziendale sul patrimonio delle risorse umane, dei comportamenti negativi, aggressivi, distruttivi e degli atteggiamenti fuori luogo, di sfida e impertinenti di chi lavora nelle aziende.

Soprattutto è un libro che tende a stemperare tensioni inutili e a mettere in evidenza la quantità di energia inutile che si disperde in azienda quando non esistono validi strumenti di gestione, valutazione, crescita e motivazione delle risorse umane.

E’ quindi innanzitutto un atto di accusa per i manager che si disiteressano delle risorse umane, o rifuggono da certi problemi “scottanti” per paura o incapacità.

E’ anche una gustosa raccolta di aneddoti, fatti a intervista, domanda e risposta sulle tipiche situazioni aziendali: l’effetto, dopo averle passate in rassegna, è di trovarsi di fronte all’asilo, non al luogo del lavoro in cui si valorizzano le competenze e le capacità intellettuali e professionali.

Questo approccio leggero, spesso paradossale, aiuta molto a prendere coscienza di ciò che non va in modo ironico, autoironico, ed è l’inizio per il cambiamento organizzativo.

Soprattutto è un’ottima occasione di formazione sui sistemi organizzativi: se volete sapere davvero che cos’è un’istituzione, un’organizzazione umana, cioè, un consesso di persone che lavorano sotto lo stesso tetto per l’80% della propria giornata utile (escluse le ore di sonno) e vedere questa cosa, altrimenti detta azienda, con occhi nuovi e più esperti, sicuramente questo scritto è un ottimo strumento.

Ed è un primo passo verso il cambiamento: da portare avanti naturalmente con il consulente!

Buona lettura e buona fiera del libro!