Inflazione: e se non tornasse più sotto il 2%?

L’inflazione ha colpito nel 2022 le aziende con una “sorpresina di Natale” che ha sorpreso chi non ha memoria lunga (o una certa età) e non ricorda come il fondo TFR va rivalutato di una percentuale pari a 1,5 punti percentuali fissi più il 75% del tasso di inflazione annuale, cioè oltre il 9% di rivalutazione. Per molte aziende con dipendenti dalla lunga anzianità di servizio è stato un duro colpo al bilancio.

Nel 2023 il tasso di inflazione ha iniziato la sua lenta discesa e si prevede nella seconda parte dell’anno si prevede un deciso raffreddamento, complice anche la recessione tecnica provocata dalle politiche monetarie di tassi di interesse alti ad opera della FED e della Banca Centrale Europea.

Ma tornerà tutto come prima o il mondo, dopo una pandemia, una guerra, un cambiamento di scenario geopolitico quale quello degli ultimi anni non sarà più lo stesso?

Compito degli imprenditori e dei top manager è gestire il rischio e l’incertezza e in questo momento il rischio è molto alto. Stabilire listini, fare preventivi, ipotizzare politiche di prezzi ai clienti incorpora oggi un rischio di nuove tensioni sui prezzi delle materie prime, dell’energia, dei trasporti e della logistica. E più è lungo il ciclo temporale della commessa e maggiore è il rischio!

Utilizzare politiche che “vincolino” (per non dire strozzino) i fornitori, non è una grande mossa, poiché la supply chain deve essere parte attiva nella creazione e divisione del valore. Molte aziende si ricordano le “prepotenze” subite sui mancati adeguamenti dei prezzi stabiliti all’inizio del 2022 cioè prima dell’esplosione dei prezzi dell’Energia e delle Materie Prime e non sono certo disposte a farsi legare mani e piedi.

Anche i clienti, con un rallentamento dell’economia, potrebbero non accettare più così facilmente ribaltamenti di inflazione sui prezzi da loro pagati.

Nel frattempo il costo del lavoro potrebbe aumentare poiché un non ritorno all’inflazione strisciante (inferiore al 2%) prima o poi influenzerà la curva di offerta del lavoro.

Sicuramente con prezzi e mercati instabili e variazioni anche repentine, la necessità di gestire l’azienda con ERP e MPR e in generale strumenti gestionali di preventivazione, consuntivazione e controllo della commessa o della produzione è ancora più importante e critico. La capacità di reazione e riposizionamento deve essere al massimo. Ecco che questo nuovo scenario, che potrebbe portare a una inflazione incipiente che si mantiene a lungo tra il 3 e il 5% a seconda dei settori, favorisce le medie e mediopiccole aziende da sempre molto flessibili e capaci di interpretare il mercato.

Nessuno sa come andrà a finire, se si tornerà agli anni dell’inflazione strisciante tra il 2000 e il 2021, quel che è certo è che con una inflazione che dovesse mantenersi tra il 3 e il 5% a lungo termine le logiche di analisi della marginalità e del rischio, del costo opportunità, e in generale le scelte imprenditoriali cambieranno molto.

Costo del lavoro più alto, tassi di interesse più alti, variazioni molto marcate sui mercati energetici e delle materie prime, iperinflazioni e recessioni, svalutazioni delle valute: un mondo con una inflazione non strisciante è qualcosa che non viviamo da almeno due decenni: attrezziamoci.