Ha vinto lui, il merlo-profugo

FOTO Ha vinto lui, il merlo-profugo

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Caro Beppe, cari Italians, per cause di forza maggiore ospito un merlo migrante: infatti una scuola poco lontana e ormai in disuso è stata ristrutturata da un noto ente di volontariato per farci la sua sede, e come spesso avviene per far posto al “concept” del nuovo giardino, gli architetti umanitari hanno disboscato piante di sambuco e noccioli secolari e hanno tolto i cespugli dove i merli si annidano, togliendo loro nel rigido inverno l’unica fonte di sostentamento, i lombrichi, lasciando perlopiù macchine parcheggiate. Lo si può vedere, il nero volatile, qui nella foto mentre degusta il pane che gli lascio sul terrazzo di noi bianchi lombardi, con il tacito accordo e auspicio (mio) che eviti di mettermi sottosopra i vasi degli oleandri, delle fotinie e dei mandarini buttando terra ovunque per cercare i suddetti vermicelli. Essendo profugo non per sua scelta, non me la sono sentita di mettere le reti ai vasi e ogni tanto in premio gli do anche dei pinoli, rinunciando parzialmente all’ingrediente destinato alla pasta al pesto e al coniglio alla ligure. Egli, dotato di intelligenza pura, quella che conta, si befferebbe di ogni mio espediente e tentativo di dimostrarmi più forte di lui con metodi repressivi, con dispetti che i miei vicini di casa, illusi, hanno già ampiamente sperimentato. Alcuni colleghi merli, anch’essi profughi, ma con bagaglio culturale ridotto come la loro disponibilità alla convivenza, hanno fatto di tutto perché l’accordo saltasse cercando di rubargli il pane, facendo in sua vece danni e lasciando certi ricordini spiacevoli, in modo che io poi parlassi male di tutti i merli, che essendo neri, a prima vista si assomigliano tutti. Ma non mi farò scoraggiare certo da queste provocazioni: ha vinto lui e cambierò le mie abitudini nella misura in cui il pane secco sarà destinato al suo pasto quotidiano invece che alla mia cotoletta alla milanese, e questo finché egli vorrà liberamente. Non mi pare un grande sforzo da parte mia.

 

 

Il fuorissimo salone: la lezione di comunicazione di Albanese

…”per far pendere le tracce pagava una pierre costosissima, che era anche fashion blogger, trendsetter e a tempo perso educatrice.

Le rare volte in cui Alain decideva di manifestarsi, la sua presenza era annunciata da centinaia di copertine di settimanali e mensili, da radio e televisioni troppo spesso obbligate dalla pierre costosissima che disponeva di dossier compromenttenti sui principali direttori di media.

Con tutto questo, come farsi bastare un solo Salone del Mobile?

Così Alain aveva deciso di farsi promotore, insieme a tre vedove di Sondrio, del Fuorissimo Salone, che si teneva in contemporanea nella città valtellinese…”

Antonio Albanese – Lenticchie alla julienne – Feltrinelli 2017Lenticchie

Nessuno spirito di una norma può contemplare la violazione della norma stessa

LETTERA Liceali fumatori: non servono le “grida” di Manzoni

LETTERA Liceali fumatori: non servono le “grida” di Manzoni

risponde Beppe Severgnini

Caro Beppe, il Preside della Manzoni di Milano, Giuseppe Polistena, scrive al Corriere Milano oggi per spiegarci, dati alla mano, che la media dei liceali fumatori è il 37% mentre lui con il suo metodo di autorizzazione a fumare in un cortile apposito “supercontrollato” l’ha ridotto fino al 6 o 9%. Domani facciamo un accordo con tutti i ladri di appartamento: se promettono di ridurre a un quarto le infrazioni, quasi quasi lasciamo loro in apposito spazio concordato ciò che volevano rubare, così risparmiamo i costi del fabbro che deve riparare porte e finestre, oltre che il disordine per rovistare in casa. Il Preside parla dello spirito della legge: nessuno spirito di una norma può contemplare la violazione della norma stessa: fumare in luoghi pubblici è vietato per legge, fumare ovunque ai minori è vietatissimo, non vietato. Forse lui, il Preside, vuole fare l’adulto simpaticone, e si sa, fare quello del metodo “repressivo” come lo chiama lui, non è bello, meglio rendersi amiconi con i ragazzi, sentirsi “uno di loro” invece di essere quello senza “like” anzi con i pollici versi. Ma è proprio così? Io chiederei a quei ragazzi che cosa ne pensano di quelli che occupano i parcheggi dei disabili, quelli mafiosi, quelli che imbrogliano, corrompono, i prepotenti, i maleducati, i razzisti e gli incivili. Sono sicuro che la stragrande maggioranza li condannerebbe. E allora chiederei: ma se voi decidete di violare la legge per il fumo dicendo che in fondo è “repressiva” allora perché altri non possono decidere anche loro di non rispettarne altre a loro volta che magari “stanno strette” al loro concetto “allargato” di libertà? PS: naturalmente se la norma cambiasse e rendesse il fumo lecito nei luoghi di studio e pure per i minorenni sopra ai 14 anni io accetterei l’applicazione della stessa, anche se non sono d’accordo. Ma appunto che modello di civiltà si dà a questi adulti di domani? Quello delle “grida” di cui parla Manzoni che diluviano ma non vengono mai applicate?

Grazie GLM. Ottimo spunto. Ce ne occuperemo su 7-Corriere.

Traduzioni fantasiose di Google Maps

FOTO Roccabruna sul Capo Martino?!

Roccabruna su capo martino

Se siete mai stati in Costa Azzurra, avete mai sentito parlare di Roccabruna su Capomartino? Eza? Villafranca Marittima? Drappo? Sono secondo Google Maps i toponimi, cioè i nomi di località in Francia tradotti in italiano. Cap Martin secondo loro si dice così, e pure Villefranche, Drap, Eze. E non parlo di Sospello! Questa estate cercavo di orientarmi nel parco del Marcantour e mi sono imbattuto in questa località che in realtà è Sospel e ci ho messo un po’ a capirlo. La stessa cosa a volte mi succede in altri Paesi europei dove un traduttore fantasioso attribuisce nomi che non corrispondono al vocabolario italiano se non con un traduttore automatico strampalato. In Engadina un certo San Maurizio nessuno l’ha mai pronunciato neanche in Svizzera, e dire che l’Italiano è una delle lingue ufficiali dei Grigioni! La regola, nella lingua, si sa è tradurre le grandi città o i luoghi famosi, tutto il resto resta tale e quale. PS per google: l’unica, dico l’unica che aveva un nome italiano davvero era Antibo (che invece è riprodotta come Antibes) come possiamo leggere in una carta della contea di Nizza del 1700, ai tempi del Regno di Piemonte, riprodotta nei portici del Cours Saleya, a Nizza. Ma dubito che quelli di Google Maps sappiano qualcosa della storia.

Famiglia e impresa: costruire un vantaggio competitivo difendibile

Eter2Il valore di un’azienda è facilmente alterabile nel breve termine, ma nel lungo termine le scelte di fondo sono quelle che pesano sulla capacità, anche a breve, di generare marginalità, crescita, liquidità, investimenti, mercato e occupazione.

La visione strategica è in sostanza avere un piano: è sulla base del piano che tutte le scelte nel quotidiano, anche quelle più difficili, sono accettate da tutti, collaboratori, fornitori, azionisti e in genere tutto quanto ruota intorno all’azienda.

La struttura familiare non è l’unico modo per garantire che nelle scelte pesino anche i fattori a lungo periodo, la strategia, la crescita stabile e solida, l’acquisizione di un vantaggio competitivo difendibile, una sostenibilità sociale e ambientale, ma sicuramente è quello più diffuso soprattutto nell’Europa Continentale. Una ragione ci sarà.