Ecco a voi il nostro piano per il futuro aziendale: quello per il presente è di leggerselo.

Vignetta documenti

In questo periodo i vertici delle aziende sono impegnati ad analizzare il mercato e ad elaborare nuove strategie, confermando aggiornato o stravolgendo quelle pre pandemia.

La nuova strategia, cioè l‘identità dell’azienda e la parte del mercato che essa intende denifire come sua, e il come, va comunicata in modo pianificato, tempestivo, convincente, chiaro, preciso, conciso ed efficace, e condivisa e fatta propria da tutti.

Spesso le nuove strategie comportano di modificare profondamente anche l’organizzazione dell’azienda, gli strumenti utilizzati, i ruoli ricoperti: in questi casi, un ulteriore bisogno di comunicazione interna, di formazione e di mentoring si impongono.

In questi frangenti, si sprecano documenti corposi elaboratissimi, stilati e presentati con strumenti digitali e di comunicazione trendy, scimmiottando grandi influencer quasi si trattasse di cambiare il mondo, e non semplicemente di misurare il cambiamento, prolissi e spesso pieni di visioni pomposamente profetiche, fatte di dati e informazioni raccattate in giro e prive, alla base, di modelli rigorosi di creazione di scenari, infarciti di slogan preconfezionati e ammiccanti.

Il rischio è quello di creare scetticismo in azienda, provocare disincanto presso i clienti, ottenere risultati deludenti nel momento più critico.

Non c’è tempo per i profeti, i visionari, i formaggi spostati, gli oceani blu, i fanfaroni, i ciarlatani e i peracottai: il momento richiede manager seri e grandi imprenditori. Ancora più grandi.

 

 

Nulla è casuale o mal gestito nella comunicazione

LETTERA Comunicazione politica: c’è sempre un calcolo ben preciso

Egregio Dottor Severgnini, gustoso il suo pezzo su “ripresa” e “mascara” (“L’indice del mascara e la ripresa dell’Italia”, https://bit.ly/2U2UI9H). Al di là delle opinioni, da ricercatore ed economista di impresa, mi sorprende il giudizio su talune forme di comunicazione politica mal raffazzonate, artigianali, che scadono in gesti infantili, irrispettose. Siamo sicuri che, dal sindaco di un Comune del sud che aizza le folle da stadio fino ad arrivare a Trump con le sue gaffe o supposti errori comunicativi, non siano tutti parte di un disegno preciso? Un esempio banale, poiché è dalle cose banali che si impara: Trump che rimprovera il giornale della destra che lo dà a 8 punti da Biden e dice loro di licenziare il sondaggista incapace con un bel calcio nel sedere, non è che si è messo d’accordo con questo giornale, in un gioco delle parti, per conquistare visibilità e consenso, dopo averla a suon di milioni di dollari già testata sui social? Nulla è casuale o mal gestito nella comunicazione: è voluto il difetto, è voluta la scarsa qualità del collegamento, l’impreparazione dell’oratore, è voluta la sparata sulla clorochina, smontata da quotidiani liberal, da riviste scientifiche rigorose, proprio perché è quella la cosa che si voleva ottenere compiacendo gli elettori, che si contano, come i voti, e non si pesano come i giudizi, per citare qualcuno che noi vecchietti ricordiamo. E’ voluto il risentimento della Meloni per un giornale olandese politicamente vicino al suo stesso gruppo al parlamento europeo per gli stereotipi sugli italiani fannulloni e macina debiti, come la Meloni li spara sui Paesi del nord Europa. Sembra un boomerang a una analisi superficiale: ma chi è sovranista ha come amici i nemici del suo stesso Paese, altrimenti il suo sovranismo svaporerebbe. Infatti Trump dopo aver tessuto le lodi di Bolsonaro, ha chiuso il Paese ai brasiliani, proprio a causa della politica sul COVID di Bolsonaro. Non fa una grinza. PS: chi combatte il populismo deve replicare con i fatti e non scendere nel pollaio. It’s politics, stupid!