Le merci (e i turisti) devono viaggiare sui treni

https://www.corriere.it/lodicoalcorriere/index/29-07-2018/le-merci-devono-viaggiare-treni_21b67466-927b-11e8-875a-ca5a91212c90.shtml

TIR in coda

Ormai è quotidiano il bollettino di incidenti anche mortali che coinvolgono mezzi pesanti sulla A4 Torino Trieste. In Friuli stanno costruendo la terza corsia, ma l’accesso di Tir dai Paesi dell’Est Europa e diretti in Francia, Spagna e Portogallo è in costante aumento e ha superato un milione di mezzi pesanti al mese, rendendo anche più irrespirabile l’aria della pianura padana. Cos’altro deve succedere per convincere chi non vuole la Tav che dobbiamo imitare Svizzera, Francia, Germania e Austria e far viaggiare le merci su rotaia? I turisti più giovani viaggiano su rotaia, il nostro turismo potrebbe attirare molti più giovani dell’Est e Nord Europa collegandosi col treno in tempi concorrenziali con l’aereo con Francia, Svizzera, Germania del Sud e Austria.

Marchionne ha svolto il suo compito anche senza portare a termine il mandato

Unpleasant truths

La scomparsa di Sergio Marchionne ha fatto inevitabilmente emergere tanti aneddoti, tanti episodi, tanti retroscena che hanno sopreso forse chi non lo conosceva, non aveva studiato a fondo la sua azione o non ci ha lavorato. E sicuramente tutti quelli che non conoscono a fondo un vero imprenditore a tutto tondo.

Marchionne è stato un manager che ha soprattutto detto e fatto quel che altri trovavano scomodo dire e fare,  con una visione strategica molto nitida. Dire “verità scomode” è sempre stato, ed è oggi più che mai, scegliere la solitudine, in un mondo che ama le “conforting lies”.

Ha ridisegnato l’identità stessa dell’azienda per cui lavorava, una cultura aziendale molto radicata nella tradizione e nel rigore, che però aveva forse perso il contatto con un mondo stravolto dal cambiamento.

Mio padre ha lavorato in FIAT per 32 anni a meno due anni dalla pensione ed è mancato nel giro di qualche settimana, e quando andai a Torino a riconsegnare i documenti aziendali che lui stesso mi aveva affidato prima di una difficile operazione, era proprio nel periodo più buio in cui Marchionne aveva iniziato a lavorare.

Papà aveva già previsto tutto per il caso più infausto, e indicato anche il successore come responsabile di quella Business Unit di Fiat che dirigeva, formato, e da tempo avviato verso l’avvicendamento.

Sono sicuro che Marchionne abbia già da tempo fatto lo stesso: il tempo ci darà la risposta, ma tutto ci dice che l’azienda ha una sua identità e un management motivato e ben selezionato trasmettendo ad essi la qualità più di eccellenza: la curiosità.

Quando si arriva a livelli altissimi di Dirigenza e di responsabilità si rischia di dimenticare il contatto con la realtà: l’episodio più curioso è il fatto di aver contestato i revisori di bilancio, lui laureato in filosofia, principi contabili alla mano, battagliando con i revisori esterni, su molte poste contabili, conscio del fatto che da quegli indici e valori dipendeva poi il costo della provvista e lo stesso futuro della Fiat allora indebitata.

La curiosità di capire come si formavano i valori in migliaia di codici di contabilità, è il segno più evidente del valore del leader: l’esperienza e il contatto con la realtà è stata la chiave di volta. Marchionne si è domandato: ma non saranno mica i Partner della società di revisione contabile a lavorare migliaia di valori. E chi mi dice che sono tutti corretti?

 

Il lusso di mettersi con elenganza un gradino sotto al cliente

https://www.corriere.it/italiani//notizie/maurizio-marinella-toto-veniva-lezione-papillon-mio-sogno-mettere-cravatta-papa-0a6097fa-8d1d-11e8-a028-9f549fd88b33.shtml

Marinella

«È vero, porto sempre cravatte difettate, come mio nonno e mio padre. Mio nonno indossava cravatte poco rappresentative perché diceva che il cliente non avrebbe mai comprato la stessa del commesso. Mio padre sosteneva che se ne indossi una troppo bella poi il cliente non riesce più a sceglierne un’altra».

E’ il vero lusso, quello di potersi mettere un gradino sotto al cliente, orientandolo verso il vissuto del prodotto che è meglio per la tua azienda.

In questa intervista c’è anche altro e più a livello strategico: «Lavoriamo con il freno tirato: realizziamo 160 cravatte al giorno a fronte di una richiesta di 800».

L’azienda cresce del 10% annuo, ma con altri articoli. Fare mancare il prodotto: una delle più convincenti “antileggi” del lusso.

 

 

Vendere prodotti in forte crescita? Troppo facile: provate a vendere le cravatte.

Andamento Industria Moda

Ci sono dati di vendita nei settori alimentare, cosmetico, per la cura della persona e altri che sono eccezionali. Le vendite crescono a doppia cifra, in qualche nicchia a tripla.

L’abbigliamento nel suo complesso sta invece regredendo da anni, anche se gli ultimi dati grazie anche all’export si tiene duro.

I dati del sell-out in Italia sono impietosi, e in particolare quello di alcuni prodotti, in particolare quelli in pelle e le cravatte che registrano sia un calo di fatturato sia di sell-out in Italia.

A chi verrebbe in mente, dunque di aprire una attività connessa con la produzione o solo la vendita della cravatte? Eppure il mercato mondiale delle cravatte non è affatto in calo, probabilmente si tratta di problemi legati alle capacità delle aziende italiane di stare sul mercato, di competere con i colossi “della seta”, di proporre il made in Italy particolare per questo accessorio.

Ma c’è molto altro: perché quando un settore è in declino si pensa che no vi siano opportunità? Eppure è proprio in questi momenti di disinvestimento che si aprono grandi opportunità a condizione di avere l’idea e gli strumenti giusti. E’ in questo momento che cliente, distribuzione e consumatore sono disposti ad aprirsi a nuove proposte.

Il mercato di un accessorio in apparente crollo verticale – condannato da una errata percezione del prodotto come di “ingessato” o di “capo cattivo” – è un’ottima palestra per comprende ciò che in realtà ogni start-up dovrebbe fare.

Vendere un prodotto che “si vende da solo” grazie a un gioco win-win di costi minori ottenuto tramite una App o un sistema di matching di “market facilitator” o una mera riorganizzazione della catena di valore, tagliando magari uno o due passaggi grazie all’e-commerce, non è un vendere, e pone l’attività comunque a rischi di entrata di concorrenti pericolosi.

La vera missione imprenditoriale è invece quella del “prodotto difficile” in un “mercato complesso” in condizioni di calo strutturale e disaffezione.  Allora: vogliamo provare a vendere le cravatte?