Gestione e strategia aziendale: buon lavoro Marco!

http://italians.corriere.it/2016/07/23/43963/

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Sto svolgendo una consulenza in un’azienda toscana di logistica. Le domande sono: “i nostri clienti come ci vedono?”, “qual è la nostra specializzazione, in cosa siamo migliori, unici, o differenti? E “la comunichiamo bene questa cosa?”, “dove sono, chi sono e di cosa hanno bisogno i nostri clienti?”, “siamo un costo o una risorsa che risolve, semplifica, anticipa i problemi e riduce i costi al cliente e ne aumenta il business?”. Nell’azienda c’è un imprenditore 50enne, un braccio destro commerciale e organizzativo e una coetanea che si occupa di controllo di gestione e amministrazione, entrambi sui 35-40: un baby boomer e due millennial. Ovviamente i consulenti ti invitano sempre a ragionare su dati e non a sensazione, ad analizzare bene ogni aspetto e non a partire a naso, a pianificare e controllare, e non a sperare che vada bene. Ho richiesto per accorciare i tempi dello studio del mercato potenziale di disporre di un nuovo giovane collaboratore, un nativo digitale ventenne, bravo con il marketing digitale, con anche una piccola esperienza di vendita di servizi o prodotti industriali, per evitare che avesse un limite nella finalizzazione dei contatti. Ho richiesto che i tre responsabili di cui sopra si domandassero per ogni attività troppo burocratica, se non avesse senso che questo tempo fosse investito da loro nel fare le cose più importanti. E’ un classico. Però il progetto l’ho concepito girato a rovescio, a testa in giù: è l’ultimo arrivato, quello giovane, quello che si deve conquistare il lavoro, il ruolo, quello che ha meno preconcetti, quello che ha meno esperienza, che “gestisce” il piano. Perché? Perché ha voglia di fare, ha stimoli di crescita professionale e umana, ha progetti di vita, perché ha entusiasmo, voglia di imparare, perché ha curiosità di tutto e vuole affermarsi: insomma ha un futuro da costruirsi e non un presente da difendere e abitudini cui rinunciare. Se è un talento lo diranno i risultati e non l’età: buon lavoro Marco!

 

Lead, prospect,script: a cosa serve un telemarketing senza guida?

http://www.cedec-pmi.it/it/blog/lead-prospect-script-cosa-serve-un-telemarketing-senza-guida

Tra le funzioni più importanti del marketing c’è il “fare mercato”.

Le aziende devono costantemente mappare il mercato, analizzare i bisogni attuali e nuovi, sviluppare nuovi prodotti e servizi e contattare i clienti per generare fatturato proprio grazie a questa capacità di proporre soluzioni a valore aggiunto che nasce dall’analisi dei bisogni.

Recentemente si legge perciò molto di termini come lead, prospect, script, CRM, concetti che provengono dalla letteratura anglosassone legata al telemarketing, alla generazione di contatti e al coordinamento della forza di vendita in al senso. Ci si spinge anche alle “tecniche della telefonata”.  Ma questa è solo una fase in mezzo alla “catena del valore” della funzione commerciale nell’azienda che nelle grandi aziende è spesso invisibile e cuore e motore stesso delle attività di azione commerciale.

Erroneamente si pensa che disponendo di liste “raffinate” di clienti potenziali, dividendo i compiti tra i venditori e l’ufficio commerciale e “sparando” a raffica sul mercato, come su uno stormo di anatre in migrazione, da lontano, con un fucile carico di molti pallini, si possano portare a casa risultati di vendita e che questo sistema sia il marketing.

Come sempre bisogna chiedersi: qual è il valore per l’azienda di queste attività?

Il valore dell’attività di studio, indagine e monitoraggio di mercato utilizzando un target di aziende non sta tanto nelle vendite in sé che si possono realizzare, quanto nello strumento di comunicazione e relazione da e verso le aziende clienti che in questo modo si mette in piedi, e nella costruzione del rapporto strategico con i referenti aziendali in qualità di fornitori/consulenti del cliente stesso, di esperti del mercato delle risorse strategiche.

Ecco perché da sole queste attività non bastano senza una guida: molto prima e molto dopo c’è l’ipotesi del posizionamento dell’azienda rispetto ai bisogni del mercato, la strategia, il piano di azione, i prezzi, la comunicazione, i concorrenti, e altri dati critici devono venire confermati dai dati provenienti da questa attività in un meccanismo di retroazione e di sviluppo e mantenimento di capacità dallo “stare sul mercato” a “fare mercato e non subirlo”.

Il piano strategico di marketing quindi non solo dà impulso alle attività di contatto e vendita ma soprattutto riceve a sua volta, anche dalle attività operative, informazioni strategiche per la conferma o l’aggiornamento del senso stesso della azienda sul mercato.

Invece di sparare nel mucchio, fare “massa”, scimmiottare le grandi aziende e le teorie di vendita che presentano soluzioni preconfezionate per tutti i clienti, occorre studiare soluzioni partendo dai problemi concreti dei clienti selezionati in base alla scelta di posizionamento, aspetti critici che non possono essere “delegati” a call center, venditori o telemarketing.

 

I Brixeters e la rosa della speranza

I “BREXITERS” E LA ROSA DELLA SPERANZA

Da consulente ho molti clienti che in Europa hanno trovato la salvezza della loro azienda, con alcuni avevamo studiato un mercato inglese che ora non c’è più, e bisogna ricominciare da capo. E’ inutile prendersela con i “Brexiters”, far capire il danno alle prossime generazioni, la semplicioneria economica, le bugie su grandi risorse per la sanità inglese: quando ero a scuola c’erano compagni che insultavano i disabili con parole cattive. Mai pensato di redimerli o di ragionarci. Come dice Manzoni – cioè come Manzoni fa dire a Padre Cristoforo – “Povero Renzo, se chi commette un’ingiustizia fosse sempre obbligato a dire le sue ragioni le cose non andrebbero come vanno”. Ecco perché ho un’opinione diversa: se la Brexit ha vinto è perché la classe politica inglese ed europea non è stata capace di dire le sue ragioni, e siamo noi che crediamo nella “strada più difficile”, nella coesione, nel sacrificio faticoso vs l’espediente o la scorciatoia facili, nel lavoro di anni, nella società dei diritti e delle garanzie, che abbiamo sempre e comunque da dimostrare. Il mio amico Rhodri Williams, avvocato esperto di diritto comunitario, gallese di Cardiff, dopo aver studiato per anni in Italia – la figlia sta studiando italiano in Italia poi sarà a Parigi all’università – ha lavorato a Bruxelles, e ora mi chiede sconsolato se può avere un passaporto italiano. Ieri scherzando dicevamo “che peccato, avrebbe potuto essere una finale Italia-Galles, neanche il calcio ci può consolare”. Io mi consolo con questa rosa che ho coltivato sul terrazzo a Milano: nessuno ci crede che con l’aria di Milano sia possibile. Se sapessero che oltretutto non l’ho comprata in un vivaio ma in un discount in provincia di Cremona dove l’ho vista agonizzante… in un cellophan, nel truciolato… senza vaso… chissà forse capirebbero che l’Europa è un sogno, una speranza, e come dice uno scrittore, R.C. Miradoli di cui ti ho spedito un romanzo, “finché c’è speranza c’è vita e non il contrario!”.