Se gli economisti sono ignoranti di storia, gli storici che fanno gli economisti sono peggio

Debito pubblico, economisti vs. storici

In un convegno recente, tra professori di storia dell’Università Statale di Milano si discute di episodi storici di debito pubblico non pagato dal Paese e si sostiene che gli economisti sarebbero ignoranti di storia.

http://lanostrastoria.corriere.it/2013/11/22/perche-gli-economisti-devono-studiare-la-storia/

Cosa ci dicono questi docenti di storia impegnati a organizzar convegni per sanare l’ignoranza degli economisti?  Che in fondo la storia è piena di episodi in cui gli Stati si sono indebitati oltremisura e poi non hanno più pagato il debito sovrano o hanno creato inflazione per abbatterlo.

Grazie: ma spesso per farlo hanno rovinato le economie dei loro Paesi che hanno poi subito un declino inarrestabile, provocato guerre europee e mondiali, rivoluzioni come in Francia per l’eccessiva tassazione, mandando al massacro popolazioni intere, creando inflazione che distrutto il potere di acquisto dei ceti poveri e il risparmio privato che è la base solida delle economie di mercato progredite.

Le parole sono pietre e che bella pietra la parola “consolidamento”, sembra quasi di parlare di una struttura instabile che viene in qualche modo reso più sicura, solida: il debito pubblico argentino nel 2000 in mano a decine di migliaia di pensionati italiani rovinati dal “consolidamento”, cioè dalla decisione dell’Argentina di non pagare più i debiti non fa parte anch’esso della Storia?

Gli storici citano episodi di bolle speculative storiche e recenti, immobiliari e di borsa, e ci dicono che è in crisi il modello Thatcheriano del 1981 “non c’è la società ci sono gli individui”: la crisi del 2008 insomma pone fine all’ipotesi del neoliberismo eccessivo, secondo gli storici del convegno.

La crisi del 2008, in realtà a doppia crisi 2008 e soprattutto quella del 2011, è una crisi di debito eccessivo sovrano e spesa pubblica degli Stati che mette in discussione il modello welfare. Questi Stati non producono più crescita, stanno invecchiando come popolazione (presto capiterà anche alla Cina che ha una età media quasi doppia dell’India per esempio). In questo modo i Paesi emergenti si domandano chi pagherà quel debito e quella moneta con cui continuano ad essere pagati.

Paesi europei e occidentali dove si spende il 50% del PIL in spesa pubblica corrente e improduttiva per pagare apparati e stipendi pubblici spesso inefficienti, compresi quelli di docenti in università pubbliche che da decenni non producono pubblicazioni degne di nota e sfornano laureati semianalfabeti se paragonati ai loro coetanei europei o mondiali, Paesi con pensioni eccessive squilibrate rispetto all’aspettativa di vita media, Paesi con investimenti in infrastrutture, formazione e università competitive, e innovazione insufficienti. Questi Paesi devono scegliere nuovi modelli di welfare e non si possono permettere di andare avanti all’infinito con il modello “from the cradle to the grave”. Scegliere le priorità proprio per salvarlo il welfare.

Paesi come l’Italia, con il 133% di debito pubblico, spesa pubblica oltre 50% di debito pubblico, una pressione fiscale oltre il 65% sull’economia non sommersa che distorce i mercati, caste, consorterie, ordini, baroni universitari, anni per ottenere autorizzazioni per aprire un’azienda, con burocrazia asfissiante e incomprensibile, tempi di giustizia di anni e anni, certezza e continuità delle regole fiscali inesistenti e una libertà economica paragonabile a uno Stato africano semi-tribale.  Non certo un mondo thatcheriano.

E’ la crisi del debito pubblico e del modello di welfare quello che la storia ci consegna, altro che crisi del neoliberismo e dell’eccesso di mercato!

La “stabilità” più importante è quella delle regole

http://www.corriere.it/lettere-al-corriere/13_novembre_22/Regole-certe-_0c12b8fc-533f-11e3-91e0-82492dd09bca.shtml

Gli acconti sulle imposte continuano a cambiare: i Comuni dovrebbero comunicare dopo il 9 dicembre 2013 aliquote Imu per la scadenza del 15 dicembre e ora il governo fa sospensioni tecniche e non decide sull’abolizione della seconda rata dell’Imu sull’abitazione principale. La «stabilità» è sicuramente un valore, ma il premier Letta deve capire che per «stabilità» noi cittadini e aziende non intendiamo quella della permanenza della classe politica in carica, ma certezza e continuità delle regole (innanzitutto fiscali) per poter sapere che cosa diavolo dovremo tirar fuori dal portafoglio… fra qualche giorno! E magari quel che ci avanza… investirlo o consumarlo per far ripartire l’economia!

 

La Germania? Ha solo fatto i compiti a casa.

La Germania? Ha solo fatto i compiti a casa

Tobias Piller, giornalista tedesco inviato in Italia della Süddeutsche Zeitung interviene oggi durante una trasmissione radiofonica sommessamente chiedendo “cosa ne penserebbe la Lombardia se la Sicilia si lamentasse del fatto che la regione di Milano cresce ed esporta troppo?”. I tedeschi si sentono parte di un’unione, noi no: abbiamo per anni detto come al solito il contrario di ciò che pensiamo e soprattutto facciamo.

La Germania ha fatto i compitini a casa, esporta, cresce, ha massimizzato i vantaggi di un euro forte, stabilità, inflazione bassa, tecnologia e conquista dei mercati. Di che cosa è colpevole? Di essere troppo brava? Se l’inflazione è a zero, a noi basterebbe introdurre forti elementi di liberalizzazione per far calare i prezzi e aumentare i consumi e ripartire. Neanche questo facciamo.

Si noti: in inglese, lingua anglosassone, spesso nei social network la parola “nerd” è solo un’autodefinizione traducibile con “cervellone, genietto” non ha un’accezione negativa. Da noi chi fa il suo dovere spesso è uno da boicottare, se non un fesso. La Germania viene accusata di essere un secchione, un crumiro. Come tradurre questa cosa a un tedesco medio?

Abbiamo inventato figure retoriche “fantastiche” nel nostro barocchismo linguistico-culturale. “Troppo giusto”, “troppo bello”, “più che perfetto”, o addirittura “sì, ma anche no”. E ce ne vantiamo. In attesa di capire se riuscirò mai a tradurre al mio amico tedesco Thorsten un pleonasmo o un parossismo italiano in modo che per lui abbia senso, mi resta la convinzione che se impegnassimo il 2% di questa “fantasia” e “creatività” per sistemare le nostre cose in modo affidabile e per conquistare i mercati faremmo il 200% meglio dei concittadini tedeschi.

 

Frasi dei politici: la mia top ten (attualmente voto la numero 8)

 

http://italians.corriere.it/2013/10/31/frasi-dei-politici-la-mia-top-ten/

1)      “gli elettori ci hanno puniti perché non siamo riusciti a farci capire, la prossima volta ci spiegheremo meglio, perché abbiamo ragione noi e torto gli elettori”.

2)      “Chiarirò tutto con il magistrato, si tratta di un equivoco: quei soldi non sono tangenti, sono gli affitti in nero che mia madre percepiva e che versavo sul mio conto per evitare che avesse problemi con la sua pensione”.

3)      “non sono io che mi sono spostato prima a destra e poi ancora a sinistra per tornare ora nel polo di centrodestra e favorire il ribaltone: io sono fermo sono gli altri partiti che si spostano”.

4)      “non è vero che non siamo liberali perché abbiamo posizioni contro la laicità delle leggi: semplicemente non siamo libertini e crediamo nei valori non negoziabili”.

5)      “ci accusano di essere conservatori, ma noi siamo progressisti, la destra è conservatrice, noi semplicemente conserviamo in modo progressista i nostri valori di sinistra”.

6)      “se avessi saputo che quel personaggio era un esponente della ‘ndrangheta non avrei mai accettato di fagli favori in cambio di voti”.

7)      “I costi della politica sono in realtà costi della democrazia: il nostro partito senza il finanziamento pubblico dovrebbe licenziare tutti i suoi quadri dirigenti, i militanti volontari no perché lavorano gratis”.

8)      “I diritti e le libertà devono convivere perché non ci sono i primi senza le seconde. Certo la libertà di avere un diritto non è la stessa cosa del diritto ad avere la libertà”.

9)      “Il mio commento uscito su twitter è stato pubblicato per errore in forma provvisoria con una serie di errori di italiano, non sono io l’autore di quel messaggio, lo dovevo ancora rileggere”.

10)   “Non ricordo se l’anno scorso sono andato in vacanza ai caraibi con quel Signore sulla sua barca devo controllare la mia agenda”.