Ha vinto Trump: la laurea non serve a nulla?

Il mercato elettorale e quello dei beni di consumi hanno molto in comune, più di ciò che non si pensi: demonizzare l’elettore della provincia poco scolarizzato, pragmatico, egoista è sempre fatale.

I dati analitici dei flussi elettorali arriveranno in dettaglio tra qualche mese, ma già si può ragionare su moltissimi spunti che l’elezione di Trump ci fornisce dal punto di vista della mappatura del mercato.

Trump ha preso molti voti anche negli stati laddove ha perso nella gara per aggiudicarsi tutti i grandi elettori e tali voti sono stati utili a vincere le elezioni al Congresso e il voto popolare: come per le aziende quindi è la somma delle singole nicchie che conta e più sono le nicchie create, maggiore è la consistenza complessiva.

Decisivi a quanto sembra sono stati non più di 1,5 o 2 milioni di elettori distribuiti su 7 stati cosiddetti “fly-over” della provincia in cui i due candidati erano vicini nei sondaggi: il lavorare sul mercato in modo specifico non solo da città a provincia, ma anche nei singoli distretti all’interno delle stesse province con un geomarketing molto accurato che tenga conto della geografia economica e fisica paga e ha sempre pagato.

L’errore classico dell’azione sul mercato (elettorale in questo caso) è sempre stato quello di cercare una formula unica: nei mercati dei prodotti e servizi lo può fare solo il leader di mercato che abbina questa strategia massificata a quella di schiacciamento dei prezzi.

La segmentazione psico sociale dell’elettorato è altrettanto importante, gruppi sociali, etnici, le fasce di età, ma non solo: laddove è favorito l’avversario comunque cercare sempre e sempre chi vuole distinguersi, differenziarsi e sentirsi diverso con orgoglio proprio dai coetanei, da concittadini, dai compagni di scuola, dagli altri in una parola.

Per chi conosce il libro di De Amicis potremmo chiamarla la “strategia di Franti”.

Si tratta del consumatore disobbediente, discontinuo, umorale, infedele che spesso è più raggiungibile del consumatore ossessionato da “valori” e “coerenze” in modo dogmatico che è difficile “tenere insieme” un po’ come nella battuta classica che potremmo parafrasare in “due democratici, tre opinioni”

Usare i social? S’ anche, ma se si analizza bene a fondo: comizi non è certo venuta meno la macchina tradizionale delle elezioni americane, raccolta fondi, organizzazioni locali, comitati in ogni settore, categoria professionali o lavorativa.

 Il nuovo non soppianta mai il vecchio, la società è fatta di stratificazioni il mezzo non è mai neutro nella comunicazione.

La demonizzazione del potenziale cliente è la morte del marketing, anche elettorale. Mai mettere platealmente l’elettore contro l’altro elettore, ma dare a ciascuno l’impressione di identificarsi. La coalizione democratica, generalista, è troppo vasta ed è andata in contraddizione. Diritti sociali contro diritti civili hanno ingenerato confusione. Il messaggio deve essere chiaro, nitido, semplice, di comprensione immediata e diretto: Trump ha vinto sul taglio alla spesa e alle tasse, sull’immigrazione, sui dazi e le politiche industriali. Gli altri temi sono stati marginali.

L’elettore indeciso medio provinciale è poco scolarizzato: dare ascolto a questa che non è affatto una nicchia piccola, farlo sentire parte di una piattaforma, non demonizzare il suo modo di vedere le cose per quanto sia poco preparato, in contraddizione, la sua visione per quanto incoerente o egoista (ammesso che sia un difetto) sia. Non ha mai portato bene nel mercato non di lusso dire “tu no” o “tu non capisci niente”.  

La realtà del mercato e il punto di vista del consumatore vanno sempre accettati per come sono ed è proprio obiettivo e capacità di chi ha una scolarizzazione alta quello di riuscire a comunicare con chi non ne ha, tra i dipendenti di un’azienda, tra i clienti e tra gli elettori. Se hai imparato qualcosa all’Università deve essere questo, non teoremi.

E’ la somma che fa il totale diceva Totò: e mai come in questi casi il motto è indovinato.

Ogni mercato va studiato a fondo e le aziende con concorrenti più forti sui prezzi e finanziariamente potenti, devono moltiplicare sforzi e coltivare competenze elevate eccellenti di ridefinizione del mercato attraverso la segmentazione e una nuova catena del valore: vogliamo farlo insieme? Contattami: gianluigi@gianluigimelesi.com

Come (ri)costruire una rete di vendita di venditori o agenti

La struttura produttiva italiana, sia nella manifattura, sia nei servizi è fortemente sbilanciata verso il BtoB o B2B, il Business to Business, con una prevalenza che sfiora il 70% delle aziende italiane. Quindi il processo di vendita avviene da un’azienda all’altra attraverso complesse relazioni che attraversano le funzioni aziendali delle due aziende, quella fornitrice e quella cliente del prodotto servizio.

Il processo di acquisto quindi è complesso e coinvolge vari decisori e influenzatori, e le relazioni commerciali e in particolare l’attività di acquisizione dei clienti possono essere gestite direzionalmente oppure attraverso una rete di agenti o venditori dipendenti sul territorio o cui è assegnata una determinata categoria di clienti o in base ad altri criteri.

La recente ricerca di Istat sugli obiettivi strategici dimostra come in testa a quelli delle aziende con almeno 10 dipendenti restano il difendere la posizione competitiva e aumentare le attività in Italia: entrambi questi obiettivi sono raggiunti anche e soprattutto attraverso la creazione, ristrutturazione e gestione di una rete di agenti e venditori.

Secondo una seconda ricerca recente https://www.money.it/e-commerce-b2b-in-crescita-nelle-aziende-italiane nel settore BtoB solo 11% usano l’E-Commerce anche se nei prossimi tre anni è prevista una crescita al 25%,

Dunque come mostra anche uno studio di Mc Kinsey che riportiamo sotto resta prevalente la relazione umana sia nella fase di identificazione e ricerca di nuovi clienti sia nella fase di approccio per la scelta di nuovi fornitori.

Da notare nell’info grafica seguente come è prevalente la relazione da remoto, quindi se vogliamo in back-office, segno che le aziende italiane spesso sottovalutano la necessità nel BtoB di allestire un ufficio marketing che non si occupi solo di gestione sito, comunicazione, social, fiere e le solite attività di gestione agenzie di comunicazione e grafica, ma che sia soprattutto dedicato al prospect e al coordinamento della rete di vendita per gli appuntamenti mirati alla acquisizione di nuovi lead.

Curioso come la gestione dell’ordine, una volta acquisita la relazione con il cliente solo in parte minima e per settori dove la tecnica è molto complessa e il venditore è tecnico commerciale è gestita in modo diretto con relazione umana di persona. Resta determinante, e questo è davvero interessante, comunque una relazione umana da remoto, anzi sembra essere addirittura superiore rispetto alle fasi di prospect, cioè di ricerca clienti, laddove come si sa spesso sono necessari più incontri con il cliente e per un tempo spesso di mesi e mesi prima di finalizzare.

Tutto questo sembra spesso essere in contrasto con i comportamenti manageriali e imprenditoriali in Italia spesso volti a scaricare sull’agente la gestione a tutto tondo dell’offerta aziendale sul mercato.

Se l’azienda non copre il mercato bene, se è deficitaria nella distribuzione e rete di vendita, non è in grado di saperlo completamente, ma la concorrenza lo sa e applica discriminazioni di prezzo applicando prezzo competitivi solo dove è in concorrenza e marginando laddove l’azienda concorrente non è presente.

Per sapere se l’azienda abbia davvero una attività di gestione della rete di vendita e di copertura del mercato efficiente ed efficace è necessario implementare attività di profonda revisione. Ma qualche consiglio è possibile darlo, e da questi temi emergono già le prime criticità.

Ecco un sintetico decalogo di consigli per chi debba riorganizzare la rete di vendita partendo da una completa mappatura del mercato basata su rigorosi dati di mercato e su strumenti adeguati alle tecnologie attuali, inclusa l’intelligenza artificiale:

  1. I clienti devono essere individuati dall’azienda che deve studiare e conoscere il mercato: non è più accettabile che ci siano agenti che vanno su google o pagine bianche o si limitano al passaparola, o, peggio si appoggino su piattaforme di BtoB autonomamente.. Ci sono piattaforme di accesso a dati di molte fonti, registro imprese, siti, piattaforme, centrale rischi, raffinati e filtrabili con i parametri evoluti dell’intelligenza artificiale, della ricerca semantica, per temi e dinamica che l’azienda deve utilizzare e che sono accessibili senza budget eccessivi.
  2. Occorre individuare un responsabile del ruolo e un ambiente unico: un CMR database relazionale aziendale nel quale si abbia una visione unica e uno strumento conoscitivo del mercato, che funge da agenda, scadenzario, rubrica, mailing list, inviti a eventi gestito da un responsabile relazioni con i clienti diverso dal responsabile vendita, mentre può coincidere con il responsabile marketing e comunicazione.
  3. L’agente venditore è un interprete che sale sul palcoscenico e interpreta l’argomentario di vendita a seconda di chi ha di fronte, non può e non deve essere lui a scrivere il copione, cercarsi il pubblico, vendere i biglietti. In sintesi la strategia la fa l’azienda, il venditore la porta avanti e dà riscontri sull’efficacia della strategia stessa in un meccanismo di retroazione nel miglioramento continuo.
  4. Il tempo del venditore è prezioso: deve essere massimizzato programmando visite massimizzando l’efficacia, non date liste di clienti da visitare che si rivelino non profilati, cercate di dare al vostro venditore appuntamenti in cui sia atteso da clienti già interessati. Il venditore non ha tutti gli strumenti per interpretare il mercato, il venditore non ha tutte le armi, non può avere la vostra capacità di costruire una relazione da imprenditore a imprenditore, il venditore non è un direttore commerciale, non è un capo area, non può pianificare, organizzare e gestire l’azione, non ha il ruolo di comprendere e analizzare il feed-back di mercato. Il rischio è che faccia selezioni preventive, che si scoraggi,  
  5. I venditori devono avere clienti dedicati e assegnati il più possibile su base nominativa: si sa che l’agente può legare con il cliente ma anche no. Che esistono dinamiche di concorrenza anche tra i clienti vicini geograficamente, che alcuni clienti vogliono e devono essere gestiti dalla sede direzionalmente e che i clienti non sono tutti uguali, anzi. Queste e altre criticità come le categorie ibride dei clienti che devono essere gestite dall’azienda insieme agli agenti m
  6. Se il cliente non compra è sempre colpa dell’azienda: è l’azienda a decidere politica di prodotto, prezzo, assortimento, logistica, posizionamento, gamma, distribuzione. Non è mai colpa dell’agente se il cliente non compra. Se si ritiene che il venditore o agente non dedichi abbastanza tempo e passione, a coltivare la relazione con il cliente e persino se l’agente non ha approfondito fino in fondo e riportato in azienda le ragioni per le quali il cliente preferisce la concorrenza è comunque sempre responsabilità dell’azienda mandataria che deve formare, selezionare e gestire la rete di vendita
  7. I venditori agenti sono a loro volta imprese che devono fare utili: l’azienda deve garantire all’agente una continuità economica, margini, tranquillità e deve assicurare all’agente multimandatario anche i tempi per gestire le stagionalità dei suoi mandati. In alcuni casi è consigliabile coordinarsi con altri mandatari per massimizzare il tempo per tutti. Vi sono aziende che scelgono e procurano loro altri mandati al fine di legare l’agente.
  8. Costruire, progettare, sviluppare e realizzare un CRM e metterlo su tablet è un modo di guidare, dirigere, assistere, formare e supportare il venditore e l’agente creando al contempo strumenti di gestione di ogni aspetto della vendita e di budget e piani di azione. Ma va fatto in base alla matrice di segmentazione del mercato costruita dall’azienda per il proprio mercato che deve essere portata su un CRM e non viceversa prendendo un software e accorgendosi in ritardo che non supporta basi dati esterne o comunque multigestionali
  9. L’azienda deve avere sito, social, loghi, grafiche e comunicazione coerenti, studiati e di qualità prima di andare sul mercato ma non cercate subito la perfezione. All’inizio in sito può essere un ottimo biglietto da visita e conferma della competenza, qualità ed eccellenza dell’offerta dell’azienda che rimandi ad altre basi informative studiate per il cliente. Con il tempo e soprattutto con il piano di azione sul mercato. Il marketing è osmosi, non compartimenti stagni. Tutto si tiene.
  10. E’ un mito che gli agenti giovani siano più flessibili, aperti e affamati o che l’E-Commerce BtoB sostituirà la rete di agenti per la vendita: l’età o il mezzo non contano ci possono essere venditori pigri giovani e venditori esperti con grandi motivazioni di crescita e aggiornamento. E così anche i clienti possono decidere di usare canali digitali di commercio elettronico, drop shipping o vendita tradizionale indipendentemente dall’età. Un venditore si valuta anche sulla base delle informazioni critiche e strategiche di cui arricchisce il CRM aziendale e così un canale di vendita.

Se siete curiosi di sapere come concretamente costruire o ricostruire una rete vendita agenti, contattatemi: facciamolo insieme.

gianluigi@gianluigimelesi.com

Imprenditori e M&A: un testo per riflettere sul concetto di valore

E’ da poco uscito per Egea il prezioso testo di Eugenio Morpurgo sulle operazioni straordinarie di azienda dal titolo Imprenditori e M&A.

Quando si parla di Mergers & Acquisitions, cioè di fusioni e acquisizioni di aziende (compravendita) si pensa a passaggi generazionali non disponibili o mancati oppure a scelte quasi obbligate dal declino progressivo del settore o un suo accorpamento.

Si considera raramente, al contrario, che far entrare un investitore in una compagine societaria può essere un modo di crescere acquisendo dall’investitore nuovo socio know-how, apertura di mercati anche internazionali e relazion,i e anche per fare un passaggio generazionale obbligando i propri eredi a lavorare per una terza parte dalla visione complementare, indipendente, ma, spesso, più distaccata, manageriale e anche rigorosa.

Inoltre, la valutazione di azienda, cioè di un complesso di beni e di una organizzazione atti al conseguimento dell’oggetto sociale rappresenta in qualunque momento una valida occasione di capire se la strategia perseguita trova nel mercato una conferma o meno.

Degli asset immobiliari, per esempio, esiste un mercato in sé: una borsa immobiliare) che genera quindi dalla statistica dei valori di compravendita di unità simili, in zone uguali o simili, con caratteristiche simili un punto di riferimento per un valore di partenza.

A questo va aggiunto anche un secondo parametro è che è la capacità di quell’unità immobiliare di generare un rendimento per l’investitore. Esso dipende in gran parte dal valore del bene che a sua volta ne è influenzato, e dal costo opportunità dell’investitore che confronta l’investimento con altri investimenti dal titolo di stato, alle obbligazioni, alle azioni e ai beni di lusso come l’oro.

Tutti questi parametri e altri determinano un valore di mercato. E se scopriamo che il mercato sta… strapagando gli immobili in una data piazza (per esempio negli ultimi anni, Milano) anche in zone apparentemente non pregiate o proprio depresse, significa che il mercato conosce un’altra variabile a noi non nota: la previsione che gli operatori fanno sulle evoluzioni (giusta o sbagliata) del mercato stesso.

Queste logiche sono anche quelle della valutazione dell’impresa: il valore corrente di mercato, le aspettative, il rendimento e il rischio legato ad esso, per esempio. Ma una azienda è un qualcosa di più complesso poiché non è un bene immobile ma un sistema, una organizzazione, un ente gestito da esseri umani per vendere ad altri esseri umani prodotti e servizi. 

Si potrebbe dire che l’immobiliare è una nave: e l’azienda è la stessa nave che però affronta rotte commerciali e possibilità di fare valore in mare, anzi, in oceano aperto con tutte le tempeste e le imprevedibilità.

La cosa si complica parecchio! Molta parte del capitale umano è di difficile valutazione, e spesso in azienda di servizi particolarmente avanzati (o industriali dove l’aspetto di progettazione è rilevante) esso è determinante per una cosa fondamentale: la capacità non solo di avere un rendimento per l’investitore, ma anche di poterlo replicare in futuro cambiando la proprietà dell’azienda.

Conoscere in ogni momento il valore teorico di vendita sul mercato della mia azienda costituisce un punto di riferimento insostituibile poiché il mercato conosce le evoluzioni attese del settore spesso più e meglio di quanto i singoli operatori possono fare.  

Lavorare per creare valore, misurato dall’investimento che un compratore è disposto a fare aiuta le aziende a capire come se e come il risultato della gestione e il vantaggio competitivo attuale sono considerati a rischio di continuità. Obbliga a confrontarsi con la concorrenza in termini di efficienza di gestione dei fattori critici di successo, come la quota di mercato, la tipologia di servizio, l’incidenza e il rischio materie prime, il rischio sistemico per quel dato settore (che a parità di EBITDA il reddito normalizzato alla base del calcolo determina risultati diversi) e via dicendo.

A questi temi se ne aggiungono però altri tipici del mercato M&A di cui Eugenio Morpurgo è profondo conoscitore e advisor, come i fattori soggettivi quali la scelta del periodo temporale cioè della finestra ideale per valorizzare gli asset aziendali, il criterio di valutazione e calcolo da parte dell’investitore, la quota dell’acquisizione scelta, se si stratta di investitore puro o di settore, se la strategia è legata alla quotazione dell’azienda oppure a una Exit Strategy di rivendere a un nuovo investitore (o agli stessi soci)

La tipologia di investitore, come spiegato nel libro, grazie all’esperienza e al rigore dello studio, è molto importante nell’ottica di un lavoro, quello delle operazioni straordinarie con vendita delle quote di un’azienda che non è certo di breve durata a seconda della struttura dell’operazione, della governance desiderata, dell’orizzonte temporale e degli obiettivi strategici attesi dall’imprenditore.

La vendita di un’azienda dimostra quindi come ogni teoria sul valore trova conferma (o meno) nel mercato: conoscere in ogni momento i potenziali acquirenti della propria realtà, conoscere il prezzo al quale sono disposti a comprare l’azienda e conoscere a fondo i meccanismi di valutazione orienta nelle decisioni strategiche aziendali anche se non si è davvero interessati a vendere.

Perché il capitano di questa nave intenta sempre a solcare i mari che è l’azienda possa sempre sapere cosa l’aspetta quando ritorna nel porto per il prossimo viaggio.

gianluigi@gianluigimelesi.com