I business one shot modello per gestire costantemente il vantaggio competitivo

Il comportamente speculativo a breve termine spesso insegna più di quanto ci si immagini.

Si parla spesso di Start-Up come modello da seguire costantemente anche per aziende storiche e affermate, che devono presidiare un vantaggio competitivo consolidato per non sedersi sugli allori. In effetti una start-up, cioè una nuova iniziativa imprenditoriale richiede tipicamente alcune riflessioni fondamentali da mantenere nel modello di business anche in aziende già consolidate:

  • Come ragiona oggi il mercato per la soddisfazione di un determinato bisogno e come viene misurato il valore dell’offerta attuale, con quali modelli, algoritmi, logiche per il cliente
  • Quali sono le innovazioni di tecnologia, servizio, perimetro del prodotto e catena del valore che la nuova iniziativa garantisce per “sparigliare le carte” e quindi come ridefinire domani il mercato/settore/prodotto stesso
  • Come reagiranno gli attuali competitor per riprendersi le quote di mercato, e impedire con barriere all’ingresso, taglio dei prezzi, azioni per mettere in difficoltà i clienti e quali sono le difese a tali contro offensive previste e prevedibili

Esiste anche un altro tipo di iniziative imprenditoriali che può fornire diversi spunti interessanti, e in particolare quelle legate a eventi unici e non ripetuti (convegni, fiere itineranti, concerti), a manifestazioni sportive legate al territorio (gare ciclistiche come i grandi giri, Olimpiadi) oppure culturali (per esempio la ricorrenza legata a una città per un anno eletta a città della cultura) e altri esempi simili.

Si tratta di aziende cosiddette one-shot che nascono, si realizzano e si sciolgono nell’arco temporale limitato di poche settimane o, addirittura, pochi giorni.

Questa tipologia di business, che può diventare anche l’inizio di start-up che istituisce un appuntamento sul calendario che non c’era e poi riesce a mantenere una clientela costante, per esempio le sagre enogastronomiche, oltre alle caratteristiche sopra indicate, hanno alcune specificità molto interessanti:

  • Lo  studio dell’ambito locale o contestuale come un fermo immagine, ricerca di geomarketing cioè la conoscenza del territorio, della popolazione, della cultura e degli stili di vita e di consumi locali, in un determinato momento, con collegato lo studio della ricettività turistico alberghiera, il calendario degli eventi attuali, la stagionalità, e altri fattori puntuali
  • La collaborazione strategica con le autorità e amministrazioni locali che spesso sono uno dei “clienti” di tali eventi usando fondi pubblici specifici nazionali o locali, quindi il chi fa cosa e per chi.
  • L’integrazione con gli attuali gestori del turismo che continuano ad avere voce in capitolo prima e dopo l’evento che richiede di “ricavare uno spazio” nel consueto calendario.

Nel business one-shot e se volete nelle logiche del short-term viene massimizzato l’utile a breve termine laddove si concentrano i ricavi che devono subito superare i costi e le risorse utilizzate. I comportamenti quindi sono tipicamente finalizzati a tattiche incisive con riscontro immediato, e a una analisi di sostenibilità immediatamente di effetto, e meno alle strategie tipicamente di lungo periodo del lancio di un brand.

La cosa interessante è che in realtà, spesso, questi comportamenti dello “short-termismo” hanno rilievo e interesse anche in una azienda e un business in particolare a lungo termine e in particolare:

  • I costi sono certi, i ricavi incerti: nel breve termine opero con un taglio dei costi mettendo in sicurezza il conto economico producendo a breve l’effetto di sfruttamento al massimo delle eventuali risorse sovradimensionate e il taglio degli sprechi.
  • L’effetto nel medio termine è potenzialmente di mettere sotto stress la soddisfazione del cliente, quella dei collaboratori e in generale l’immagine aziendale di affidabilità o prestigio.

Il risultato di questa combinazione è positivo nel breve termine e questo profitto assicura risorse per adattare e aggiustare progressivamente le risorse necessarie ai risultati e non viceversa.

Inoltre l’esaminare qui e ora la fattibilità obbliga alla concretezza misurabile e assicura un minore rischio di incorporare nel business plan dell’iniziativa una sorta di wishful thinking su evoluzioni e previsioni.

Il business  orientato al breve termine è stato oggetto di severe critiche soprattutto in occasione di fallimenti di note società che non hanno saputo essere reattive di fronte alla trasformazione di lungo periodo e hanno perseguito rigidamente il profitto speculativo a breve termine ignorando il baratro che si avvicinava.

In realtà sono proprio le aziende che gestiscono nel brevissimo tempo il risultato legato a un evento o ragionano a brevissimo termine che insegnano molto a gestire entrambi i piani di valutazione senza eccedere nell’idea del lungo termine – che comporta un rinvio continuo del ritorno dell’investimento o della misurazione costi benefici, ma neanche nel breve termine, che comporta una visione speculativa della relazione con il cliente.

Se immaginiamo come strategica la relazione con il cliente il mix ideale è:

  • Valutare la cosa più importante: i miei concorrenti, spesso leader di mercato, quanto sono rigidi e reattivi? Posso sottrarre quote di mercato specifiche senza/prima che se ne accorgano e che reagiscano?
  • Dare al cliente costantemente un sistema prodotto / servizio chiaro e misurabile con un costo accettabile per l’azienda e un valore misurato come giusto per ciò che a lui serve senza sovrabbondare nelle risorse utilizzate per generare il prodotto e servizio.
  • Trovare il giusto equilibrio tra il fornire un prodotto/servizio standard rigido e uno personalizzato e ogni volta su misura evitando di svilire il valore del servizio e il costo per questo modello organizzativo dato dall’ossessione di strafare
  • Misurare costantemente a breve la soddisfazione del cliente e poi puntualmente e periodicamente con una relazione verso il cliente sempre viva e aggiornata adeguando il mix offerto

Non esistono, come sempre nell’economia aziendale, ricette precostituite: agli estremi ci sono business tipicamente costruiti sull’avviamento di marchi e immagine a lungo termine dove atteggiamenti speculativi distruggono valore, opposti a business tipicamente speculativi e a breve termine che massimizzano comportamenti di arbitraggio a brevissimo tempo, per esempio un posizionamento asimmetrico di mercato ritenuto eccessivamente distante tra domanda e offerta.

Le rendite di posizione sono tipiche di quest’ultima casistica: per anni studi dentistici tradizionali in Italia hanno goduto di profitti alti poiché la concorrenza non esisteva. La presenza di catene è stata introdotta proprio sulla base di questa considerazione con una tattica aggressiva di erosione dei margini.

Lo stesso sta avvenendo nel settore dei servizi funerari o in quello delle farmacie sulla base di un piano progressivo di acquisizioni da parte di aggregatori.

Qual è allora la mia strategia, quale la mia tattica giusta come azienda?

Scrivetemi e la studieremo insieme: gianluigi@gianluigimelesi.com

Oltre gli steccati tra Manager Cooperativi e Manager di Impresa

Un interessante testo di Alessandro Messina ci ricorda che qualunque sia la compagine societaria e il settore profit, non profit o low profit di appartenenza, le organizzazioni sono fatte soprattutto di persone.

A pagina 92 di questo lavoro, ci si imbatte in un breve elenco che qualifica i comportamenti mirati alle relazioni di valore di un manager cooperativo:

  • Parlare con franchezza da chi è in alto nella gerarchia superando le ipocrisie dei meccanismi di potere
  • Ascoltare con attenzione anche evidenziando quando non ci sono le condizioni per farlo superando la retorica della porta aperta
  • Esprimere tra pari con i superiori e con i collaboratori le proprie esigenze senza remore, con onestà intellettuale per dare a tutti il modo di esprimere le proprie opinioni
  • Tenere in considerazione le esigenze di tutti i collaboratori e degli interlocutori
  • Coinvolgere, motivare, incoraggiare e responsabilizzare le persone

Verrebbe da pensare che si tratti di un manuale di gestione di un’impresa privata mirata al profitto, ma in fondo esiste questa differenza nella gestione del capitale umano?

Il contributo di Messina parte da una disamina storica, e già questo rende molto interessante e utile la lettura: ricordare la storia e l’evoluzione di ciò che è stata non solo la cooperazione, ma tutta l’economia industriale italiana aiuta a comprendere questo tipo di organizzazione che ha cercato di trovare il proprio spazio tra ideologie contrapposte, e le istanze che ha portato avanti.

Nella storia più recente del dopoguerra dopo l’affermazione come terzo settore stabilmente presente in modo rilevante tra le aziende pubbliche e quelle private fino agli anni ’80, si affronta anche la fase degli scandali, delle crisi finanziarie, degli arresti e dei clamorosi episodi tra anni ’90 e anni 2000.

Ma l’autocritica intellettualmente trasparente e profonda non si limita ad additare errori adebitabili a comportamenti paradossalmente più spregiudicati e autocratici del settore cooperativo rispetto a certi corsari capitani dell’industria e della finanza privata: essa va al profondo della questione, al modello di impresa, alle relazioni e al capitale umano, alla natura e alla ragion d’essere dell’impresa cooperativa, al solidarismo, alla mutualità.

Si tratta di pagine scritte, lo ripeto qui, ma va detto, con competenza e onestà intellettuale rispetto alla natura umana utilitaristica ed egoista, negando la quale si commette un errore grave nelle organizzazioni sociali, poiché è proprio partendo dalla quale che bisogna mirare alla crescita culturale di valori solidaristici dei membri dell’organizzazione stessa, che sia una cooperativa o un’azienda a capitale privato.

Perciò si tocca il punto interessante: anche l’azienda cooperativa è, appunto una azienda, e ha bisogno di un modello di impresa che funzioni e di manager che lo gestiscano in modo efficiente e portino avanti le strategie sul mercato e questi non sono molto diversi dal manager dell’azienda a capitale privato.

Ma è sempre qui che inmodo interessante si può ribaltare la questione: quale valore possono dare alle aziende a capitale privato la storia, il modello e l’esperienza, le competenze maturate nel mondo cooperativo? Se è vero che una sana dose di managerialità nel mondo cooperativo, di razionalità, di accountability non possono e non devono stravolgere l’obiettivo e la natura stessa di cooperatività e utilità sociale del modello cooperativo, quali valenze solidaristiche e cooperative devono e possono essere considerati nell’intero panorama dell’intrapresa in Italia?

I contributi sono molti e interessanti e invito alla lettura degli stessi nei due ultimi capitoli, 4 e 5 del libro di Messina. Il fatto stesso che sempre più imprese adottano la forma della B-Corp e della Società Benefit, allargando i benefici dei risultati all’impresa ai collaboratori, ai fornitori e clienti, all’ambiente e alla società in cui pulsa l’attività dell’impresa, a livello locale e nazionale, dimostra molti di questi temi.

E ancora: il manager che si chiude in una stanza a “fare tabelle” anche in aziende a capitale privato verrà inevitabilmente debellato sempre più dai modelli di intelligenza artificiale, ma già ora deve uscire dalla propria stanza e costruire relazioni, modelli di collaborazione, di condivisione degli obiettivi sociali, della strategia, della stessa ragion d’essere dell’azienda, la sua identità, il suo marchio identificativo sul mercato e nella società.

E’ il manager che lavora per i collaboratori aziendali e non viceversa: è questo vale per tutte le aziende. Deve essere mentore e coach dei propri collaboratori stretti e trasmettere loro l’obiettivo di fare lo stesso con tutti i collaboratori aziendali

Il manager deve avere una formazione culturale elevata ed eclettica, deve essere un buon politico, intessere relazioni anche fuori dall’azienda, portare avanti istanze con i vari stakeholter aziendali, con la classe dirigente politica e amministrativa locale, con il settore e in generale nella società, con il mondo della cultura, dell’informazione, della ricerca.

Sempre più aziende per cercare nuovi addetti si occupano e si preoccupano di trovare abitazioni e di darle ai nuovi collaboratori, spesso immigrati. Sempre più aziende si occupano del rapporto tra etica e business. L’azienda non è (più) un’isola in mezzo al mare: è un essere vivente e pulsante e necessita una classe dirigente fondamentalmente e profondamente capace di umanità.

gianluigi@gianluigimelesi.com